Parco del Vesuvio
Parco del Vesuvio
Parco Nazionale del Vesuvio
“Vedi Napoli e poi muori!” recita un famoso detto popolare.
E chi visita questa splendida città non può fare a meno di ammirare,
sullo sfondo, il maestoso cono del Vesuvio, un’immagine fra le più note
dei paesaggi italiani, con il suo tipico pennacchio di fumo, testimone
della perenne vocazione eruttiva di questo vulcano.
Si tratta di uno dei vulcani più famosi del mondo, di eccezionale valore
antropologico e storico, oltre che geologico: basti pensare che
l’imponente eruzione del 79 d.C. ha permesso la perfetta conservazione
delle due città di Ercolano e Pompei sino ai giorni nostri.
Per proteggere il suo territorio ed il particolare ambiente naturale, ma
anche per tutelare la popolazione dai rischi di un’eccessiva
urbanizzazione delle pendici del vulcano, nel 1995 è nato ufficialmente
il Parco Nazionale del Vesuvio, che include l’area del
rilievo vulcanico e 13 comuni della provincia di Napoli, per una
superficie complessiva di 8.482 ettari. Si tratta di una situazione
anomala nel panorama dei parchi naturali europei, in quanto il Parco
Nazionale del Vesuvio deve difendere e valorizzare questo famoso e
importantissimo vulcano, che allo stesso tempo è anche uno dei cinque
vulcani più pericolosi al mondo, a causa della fortissima
antropizzazione del suo territorio: le aree circostanti la base del
Vesuvio, infatti, sono state da sempre popolate per l’alta fertilità
delle “vulcaniti”, ricche di potassio, che compongono il suolo.
L’area del Vesuvio è estremamente preziosa dal punto di vista geologico:
l’attività vulcanica è infatti antichissima, risalente a circa un
milione di anni fa, anche se si è manifestata in maniera significativa
solo 35.000 anni fa, con la nascita del Monte Somma. All’interno di
questo primo apparato vulcanico si produsse in seguito uno
sprofondamento, che diede origine all’attuale caldera della Valle del
Gigante e, con successive eruzioni, al familiare cono del Vesuvio.
Si tratta ancora oggi di un vulcano di tipo esplosivo, nel quale la
pressione interna fa esplodere il “tappo” di rocce, ceneri e polveri che
si sono accumulate nel corso del tempo sull’apertura del cono. Il
Vesuvio alterna periodi di minore attività, in cui possono verificarsi
brevi scoppi ritmici, ad altri caratterizzati da emissioni di gas e
scorie, fino ad arrivare a vere e proprie eruzioni di lava, talvolta
davvero devastanti, come quelle del 79 d.C., del 1631, 1737, 1794, 1822,
1906, 1944.
Tuttavia l’ambiente circostante non è affatto una distesa “lunare” come
si potrebbe pensare. Oltre ai 230 minerali differenti, sono state
infatti catalogate 906 specie floreali, fra cui l’Acero napoletano,
l’Helicrhysum litoreum e ben 23 specie di orchidee, 44 specie di
farfalle ed oltre 100 specie di uccelli.
Per accedere al Parco ed ammirarne le bellezze uniche, le porte
d’ingresso sono costituite da quattro cittadine situate ai margini delle
sue pendici:
Somma Vesuviana, da cui si accede a Santa Maria di Castello e alla Punta del Nasone, vetta del Monte Somma; Ottaviano, che porta ai Cognoli di Levante e all’inquietante Valle dell’Inferno;
Boscotrecase, che apre l’accesso all’antica Strada Matrone, sale sulle lave del 1906 e porta alla Valle dell’Inferno e infine la famosa Ercolano, che conduce al Colle Umberto, alla Valle del Gigante
e al cono sommitale. Da Ercolano si accede anche all’Osservatorio
Vulcanologico Vesuviano, un’istituzione d’alto valore scientifico e
simbolico, fatto costruire nel 1848 da Ferdinando II. Dopo aver
sviluppato per oltre un secolo un’intensa attività di ricerca, oggi è un
centro di registrazione dati, in quanto il centro operativo è stato
trasferito a Napoli, ma restano un museo didattico e parte della
ricchissima biblioteca.
Addentrandosi lungo la buona rete di sentieri che aggira ed attraversa
il complesso vulcanico, si scopre che l’ambiente del Vesuvio e quello
del Monte Somma si differenziano per svariate caratteristiche. Il primo
si presenta più arido ed assolato, con la tipica vegetazione spontanea
di tipo mediterraneo, pinete artificiali e splendidi boschi di leccio;
il secondo, invece, esposto a nord, è più umido e la sua vegetazione
ricorda quella di tipo appenninico, con boschi misti di castagno,
querce, ontani e addirittura betulle.
Per arrivare a questo tipo di vegetazione, però, la strada non è affatto
breve. Dopo un’eruzione, con il raffreddamento della lava la prima
forma vegetale che fa la propria comparsa in quest’ambiente e forma la
base organica del suolo è il lichene Stereocaulon vesuvianum, dalla
forma di corallo e dal colore grigio, che nelle notti di luna piena fa
assumere al paesaggio suggestivi riflessi argentati. Passati circa 10 o
15 anni senza che altra lava si sia sovrapposta, il suolo è pronto per
accogliere la nascita delle gialle ginestre, che qui sul Vesuvio sono
particolarmente diffuse e variate e spesso accompagnate dalla valeriana
rossa, dall’elicrisio e dall’artemisia dei campi.
In quest’ambientazione si può incontrare una fauna ricca ed
interessante. Fra i mammiferi, quali moscardino, faina, volpe, coniglio
selvatico e lepre, spicca il topo quercino, un minuscolo roditore ormai
raro in altre zone d’Italia, che frequenta di preferenza i noccioleti
del Monte Somma ed è caratterizzato da una scura mascherina di peli
intorno agli occhi. Il Parco del Vesuvio è luogo prediletto anche di
numerosissime specie di uccelli, sia stanziali che di passo, fra i quali
innanzitutto si segnalano i rapaci, come sparviere, poiana, gheppio,
pellegrino e barbagianni, che negli ultimi anni hanno fatto ritorno
nella zona, non più minacciati dai cacciatori come un tempo. Infine, tra
le lave assolate del vulcano si incontra il biacco, il più grosso, il
più vivace, il più veloce ed il più aggressivo tra i serpenti italiani,
che tuttavia non è velenoso e non reca gravi conseguenze per l’uomo.
LA TERRA DEL VULCANO
Il suolo lavico ricco di minerali, l’ottimo drenaggio e il clima
mediterraneo, hanno creato le condizioni per la nascita di
un’agricoltura unica in fatto di varietà di produzioni e originalità di
sapori. Tra la frutta, i prodotti più tipici del territorio sono da
considerarsi le albicocche e le ciliegie. Si coltivano circa cento
specie di albicocche, fra cui la “Pellechiella” è considerata la migliore per il suo gusto particolarmente dolce e per la compattezza della polpa, ma ottime sono anche la “Boccuccia” dal sapore agrodolce e la “Carpone”
dal gusto zuccherino. Le ciliegie vengono coltivate principalmente alle
falde del Monte Somma e tra le più famose spiccano la Ciliegia Malizia,
con polpa rossa e consistente e gusto succoso ed aromatico, ma la
migliore da tavola è considerata la Ciliegia del Monte.
Un altro prodotto tipico, questa volta proveniente dall’orto, è rappresentato dai “pomodorini da serbo”:
di piccole dimensioni, tondeggianti, con una caratteristica punta alla
base ed un sapore dolce-acidulo dovuto alla particolare concentrazione
di zuccheri e sali minerali. Vengono raccolti ancora acerbi in estate e
poi fatti maturare lentamente, legati ad uno spago attorcigliato a
cerchio. Grazie alla loro polpa gustosa e succulenta sono ottimi sulla
pasta, sulla pizza e per la preparazione di sughi per il pesce e la
carne. Pasta, pizza e carne sono conditi anche dai cosiddetti “friarielli”, broccoli dal gusto forte ed amarognolo caratteristici di questa zona.
Il territorio del Parco del Vesuvio è inoltre famoso sin dai tempi degli
antichi Romani per la bontà dei suoi vini. Alle falde del vulcano si
coltivano l’uva Falanghina del Vesuvio, la Coda di Volpe e la Piedirosso del Vesuvio, dalle quali si ottiene il famoso D.O.C. Lacryma Christi, dall’odore gradevolmente vinoso e dal sapore secco ed aromatico. Sotto il Monte Somma cresce invece l’uva Catalanesca,
un’uva da tavola dalla polpa carnosa e zuccherina, che a livello
familiare è utilizzata per la produzione di un vino singolare, dal
colore opaco e dal retrogusto forte.