Cibo e mal di testa
Cibi scatenanti
Vi capita mai di accusare un forte mal di testa
dopo aver mangiato dei cibi particolari o aver consumato degli alcolici
in quantità non proprio moderata? Allora fate parte del gruppo di
persone, tra l'8 e il 20% della popolazione, che lamentano lo stesso
problema.
Tra le innumerevoli persone che soffrono di emicrania, una buona parte
sostiene che gli attacchi sarebbero scatenati dall'assunzione di
determinati alimenti. In effetti, l'incapacità che alcuni individui
manifestano di inibire le ammine naturali presenti in alcuni alimenti
potrebbe spiegare perché alcune persone soffrono di questi disturbi più
di altre. Nei Paesi Anglosassoni questo problema è noto come "dietary
migraine", cioè cefalea legata all'alimentazione. I cibi che possono dar
luogo a questo fenomeno sono numerosissimi e, pur essendo assolutamente
impeccabili da un punto di vista igienico-sanitario e nutrizionale,
possono rivelarsi problematici per gli individui predisposti.
E' quindi un obiettivo essenziale al fine di effettuare una corretta
prevenzione degli attacchi di "dietary migraine" che i soggetti affetti
da questa patologia migliorino la comprensione e la consapevolezza
dell'importanza della nutrizione, dei regimi dietetici e dello stile di
vita, al fine di sostenere da un lato le scelte a favore di alimenti che
con certezza non rappresentino un fattore scatenante la crisi,
dall'altro che venga comunque seguito un regime alimentare corretto che
non determini a lungo termine delle carenze alimentari. È da notare il
fatto che anche il tipo di cottura può influire sullo scatenarsi della
crisi: la frittura, per esempio, sembra essere coinvolta molto spesso in
questi fenomeni, indipendentemente dal tipo di alimento cucinato.
I cibi scatenanti
Come dicevamo, la cefalea può comparire anche in persone che non
tollerano alcune sostanze amminiche (derivanti cioè dagli amminoacidi, i
costituenti delle proteine) contenute negli alimenti, come la tiratina,
contenuta nelle banane, nello yogurt, nei fagioli, nei formaggi
stagionati e nella frutta secca. Anche la fenieletammina e l’istamina,
presenti in alcuni frutti come lamponi e avocado, possono favorire la
comparsa del dolore. Questo accade nelle persone il cui organismo non
riesce ad assorbire normalmente queste sostanze, che quindi vi rimangono
più a lungo, diventando responsabili della cefalea. Oltre ai cibi, ci
sono anche le bevande alcoliche il cui abuso può favorire il mal di
testa.
Ma qual’è il loro meccanismo d'azione?
Queste sostanze scatenanti, sono biologicamente attive e naturalmente
contenute in alcuni cibi. Dopo la digestione dell'alimento che le
conteneva, subiscono l'attacco da parte di alcuni enzimi (le mono ammino
ossidasi, MAO) che né impediscono l’ingresso nel circolo sanguigno
nella loro forma nativa, trasformandole in sostanze non tossiche per
l'organismo. Alcune persone hanno però una deficienza di questi enzimi,
perciò dopo la digestione, le ammine entrano direttamente in circolo in
quantità superiori a quelle normalmente previste.
In seguito alla loro liberazione possono seguire disturbi quali mal di
testa, un lieve aumento del battito cardiaco, ansia, diminuzione della
pressione arteriosa e orticaria. Quando questo fastidio coincide con
l'ingestione di alimenti, è corretto parlare di un'ipersensibilità, o
meglio di un'intolleranza alimentare.
Il meccanismo che scatena una cefalea di origine alimentare è dovuto a
un fenomeno di vasodilatazione che può essere seguito (o preceduto)
anche da una vasocostrizione (insomma un'alterazione della motilità
vascolare): questo comporta quindi un'alterazione della circolazione
intracranica, con conseguente dolore (cefalea), che spesso è resistente
ai comuni analgesici. Responsabili di questo sarebbero appunto le ammine
contenute nei cibi, che avrebbero un'azione simil-farmacologica (le
stesse sostanze sono contenute anche in alcuni farmaci), riuscendo a
agire come vasodilatatori o vasocostrittori. Il fatto che poi, alcuni
cibi provochino dolore immediato, mentre per altri l'emicrania si
scateni dopo alcune ore, dipende dalla forma in cui le ammine vi sono
contenute: alcune sono assorbite quasi subito, mentre altre necessitano
di processi digestivi più lunghi e quindi vengono assorbite con un certo
ritardo, determinando il mal di testa a distanza di ore dall'ingestione
dell'alimento in questione. Dei classici esempi di ammine cosiddette
"bioattive" sono rappresentati dall'istamina, dalla tiramina, dalla
feniletilammina dalla dopamina, e dalla serotonina. Le prime tre possono
essere direttamente contenute in alimenti: l'istamina in pesci,
pomodori, albume, uova, fragole, crostacei, salumi, cavoli, tonno, vino,
birra; la tiramina in formaggi fermentati e stagionati, estratto di
lievito, conserve di pesce (sardine, aringhe, tonno) vini, birra,
banane, semi di soia, nocciole, avocado e oli di semi vari. La
feniletilammina può essere presente nel cioccolato, in piccole dosi.
Tutte possono essere sintetizzate a partire da precursori contenuti
negli alimenti (a esempio la dopamina è prodotta a partire dal
triptofano, un amminoacido contenuto in diverse proteine), oppure la
loro produzione può essere stimolata da sostanze contenute nel cibo.
L'istamina, sostanza prodotta in abbondanza durante le reazioni
allergiche, ha un'azione di vasodilatazione, mentre la tiramina aumenta
la pressione arteriosa.
Il rapporto tra ammine e mal di testa fu individuato inizialmente nei
pazienti sottoposti a terapie inibitorie contro la tubercolosi e
anti-depressive ai quali venivano somministrati farmaci a base di
monoammine ossidasi (MAO). I pazienti a cui vennero somministrati questi
farmaci furono colpiti da emicranie fortissime in seguito al consumo di
alcuni tipi di alimenti.
È possibile che l’emicrania abbia una componente ereditaria. Alcune
persone potrebbero avere una deficienza genetica di enzimi MAO che
spiegherebbe l’insorgere dei mal di testa.
La funzione di questi enzimi MAO è di metabolizzare le ammine
potenzialmente nocive prima che si diffondano nel sangue. L’uso di
farmaci inibitori della monoammine ossidasi limita il meccanismo
naturale di disintossicazione, portando a un aumento del livello di
ammine nel sangue
Altri fattori
Anche gli additivi possono in alcuni soggetti scatenare l'emicrania, e i
più responsabili sembrano essere i nitriti, la tartrazina (un colorante
ampiamente usato) e il glutammato di sodio contenuto nei dadi e
impiegato come aromatizzante in molti altri alimenti.
Esiste inoltre il mal di testa da eccessiva assunzione di caffè. Le
crisi di cefalea si possono verificare anche nei soggetti che assumono
molto caffè durante i giorni lavorativi, al sabato e alla domenica
quando ne bevono in quantità minore. Si tratta in questo caso di una
vera e propria sindrome da astinenza. L'intossicazione da caffè, che in
questo caso è una vera e propria droga, è definita caffeinismo. Anche i
cibi freddi a causa del "raffreddamento" delle terminazioni nervose
possono provocare il mal di testa; questo tipo di cefalea è chiamato,
infatti "da gelato".
Come comportarsi?
Innanzi tutto è fondamentale determinare cosa scateni esattamente
l'emicrania. Per capirlo è opportuno tenere un "diario del mal di
testa", in cui si annotano, ogni volta che compare la cefalea, i sintomi
principali, la data, gli alimenti o i medicinali assunti e le attività
svolte durante quella giornata. Dall'analisi di questi dati sarà quindi
possibile risalire più agevolmente all'elemento scatenante la crisi e
quindi trovare un rimedio che non deve essere necessariamente
farmacologico. La maggior parte delle volte basterà evitare gli alimenti
che scatenano la cefalea, o ridurne le dosi, per evitare la comparsa
del fastidioso malessere. Quando invece il dolore si è instaurato, a
seconda dei casi, può essere sufficiente applicare del ghiaccio o un
impacco caldo, in modo da limitare l'utilizzo di analgesici che, se le
emicranie sono frequenti, possono dar luogo a intossicazioni.
L'amico zenzero
Numerose ricerche hanno dimostrato che lo zenzero presenta alcune
peculiari caratteristiche grazie alle quali il suo utilizzo
determinerebbe un significativo miglioramento della sintomatologia
emicranica. Esso, infatti, contiene molecole a azione antistaminica, che
contrastano appunto gli effetti dell'istamina, tra i quali la
vasocostrizione, responsabile dell'emicrania.
Lo zenzero presenta inoltre una spiccata attività anti-ossidante e
poiché è stato dimostrato che i radicali liberi possiedono la
caratteristica di indurre il rilascio di istamina, contrastare l'azione
negativa dei radicali liberi significa evitare il rilascio di istamina
da essi indotto. Come se non bastasse, nello zenzero sono presenti
sostanze con attività di tipo inibitorio sia sulla secrezione delle
prostaglandine, sia sull'attivazione dei trombossani: le prime hanno,
tra gli altri, degli effetti sulla permeabilità vascolare, mentre i
secondi, una volta attivati, si rivelano dei potenti vasocostrittori
della muscolatura liscia arteriosa. Per finire, in studi in vitro è
stato dimostrato che questa spezia presenta attività anticoagulante. Via
libera quindi al consumo di zenzero, il quale ben si presta a essere
utilizzato anche nella preparazione dei piatti della nostra cucina
tradizionale.
Mangiare per vincere lo stress
Sebbene la chiave per vincere lo stress stia nello scoprirne la causa e
nel trovare le modalità per ridurne gli effetti o per conviverci,
un'alimentazione sana e regolare può aiutare l'organismo ad affrontare
almeno alcuni dei suoi effetti negativi.
Quale sia la fonte di stress, fisica o emotiva, l'organismo reagisce
producendo adrenalina, un ormone che scatena numerose altre reazioni sia
ormonali che nervose, che irrompono nell'organismo preparandolo "alla
battaglia o alla fuga".
Nonostante la maggior parte degli stress del giorno d'oggi non
richiedano una reazione fisica rapida (come accadeva un tempo), il
nostro corpo continua a reagire seguendo l'istintivo e antico impulso a
cui da sempre è abituato. In meno di un secondo dopo la percezione di
uno stato di ansia, il battito cardiaco aumenta, la vista si fa più
acuta e il sangue confluisce verso i muscoli e si addensa quasi ad
anticipare l'esigenza di "riparare" una ferita.
Queste reazioni, che sono utili principalmente in caso di stress fisico,
hanno generalmente una durata breve, dopo di che i livelli ormonali
tornano alla normalità e il sistema nervoso a uno stato di minore
tensione. Oggigiorno, lo stile di vita può a volte essere associato a
uno stress mentale di lungo termine e ciò può far sì che l'organismo
mantenga uno stato di reattività allo stress per lunghi periodi di
tempo.
Essere sotto pressione
Gli effetti complessivi che lo stress ha sui bisogni nutritivi non sono
ancora del tutto chiari, ma è noto che in queste circostanze il
metabolismo può essere messo sotto sforzo.
Uno dei possibili effetti è l'indebolimento del sistema immunitario che
abbassa le sue difese e ci rende potenzialmente più esposti a contrarre
infezioni e malattie.
Per produrre adrenalina, è necessaria la vitamina C. Quando i livelli di
adrenalina aumentano, in seguito a un lungo periodo di stress, è
necessaria una maggiore quantità di vitamina C. La maggior parte degli
animali è in grado di aumentare la sintesi di questa vitamina per far
fronte a questo bisogno. Le capre, ad esempio, possono aumentare la
propria produzione di vitamina C del 500%. Invece l'uomo può contare
solo sulla propria alimentazione per ottenere questo nutriente
essenziale. Se mangiando alimenti ricchi di vitamina C come arance,
kiwi, frutti di bosco (come ribes, more, fragole, mirtilli, lamponi),
peperoni, patate e broccoli, questa necessità non viene soddisfatta,
alcune parti dell'organismo, come il sistema immunitario, potrebbero
avvertirne la carenza.
La ricerca ha dimostrato che una carenza di vitamina C riduce l'attività
dei macrofagi, le cellule immunitarie che letteralmente "si cibano" dei
batteri e dei virus aggressori. Un numero ridotto di macrofagi ci rende
più predisposti a contrarre raffreddore e influenza, che possono a loro
volta esaurire ulteriormente le scorte di vitamina C.
Quando il sistema immunitario è esposto a lunghi periodi di stress è
consigliabile rafforzarlo tramite assunzione di alimenti ricchi di
betacarotene (un precursore della vitamina A) come le carote, le verdure
di colore verde scuro e la frutta gialla e arancione.
La regolare assunzione di vitamine A e C, così come di acido folico e
zinco, è vitale perché il sistema immunitario svolga la sua funzione di
difesa dell'organismo dalle infezioni. L'acido folico si trova nei
fagioli neri, negli spinaci e in altre verdure a foglia verde, mentre il
granchio, le ostriche, il germe di grano, il fegato, i semi di zucca e
la carne rossa sono una buona fonte di zinco.
Il potere delle proteine
Il fabbisogno di proteine può aumentare se l'organismo è sottoposto a
uno stress permanente. L'assunzione di certi tipi di pesce, di pollo, di
tacchino, di carni rosse magre, di uova, di latte o di fagioli diventa
particolarmente importante.
Un'alimentazione povera di proteine può ridurre considerevolmente le
difese immunitarie e la capacità di resistere alle infezioni. Diversi
pesci come il salmone, la trota, il tonno e le sardine, rappresentano
un'ottima scelta perché forniscono anche i grassi essenziali che
fluidificano il sangue. Ciò può aiutare a contrastare le proprietà
addensanti dell'adrenalina nel sangue.
Alimentarsi per combattere lo stress significa in realtà seguire una
dieta sana e bilanciata scegliendo il cibo in modo intelligente. Una
regolare attività fisica è altresì importante poiché aumenta la
produzione di endorfine (enfatizzanti naturali dell'umore) e migliora la
condizione fisica. Le persone sottoposte a continuo stress dovrebbero
prendere in considerazione di cambiare il proprio stile di vita o
cercare un aiuto dal punto di vista professionale.